mercoledì 24 aprile 2013

La pienezza della vita!



Nella nostra formazione cristiana abbiamo forse disimparato a rallegrarci di noi stessi. Abbiamo troppo spesso rivolto lo sguardo al fatto che noi siamo peccatori, che non andiamo bene così come siamo, che dobbiamo cambiare, convertirci e migliorarci. La chiamata alla conversione, con la quale Gesù inizia la sua predicazione, è certamente importante. Infatti, troppo spesso siamo caduti in errore, abbiamo cercato la vita dove non la si può trovare. La predicazione penitenziale, però, non ci deve indurre ad andare in giro solamente come penitenti che si rimproverano sempre di aver fatto tutto storto e di non meritare l'amore di Dio. Gesù inizia la sua predicazione dicendo: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino" (Mc 1,15) Gesù ci offre la pienezza della vita. Quando Dio è vicino e quando noi ci troviamo vicino a Dio, allora la nostra vita si trova in ordine, allora essa viene riempita da una gioia nuova. Luca, perciò, scrive nel suo Vangelo, che ovunque Gesù andasse ed annunciasse non solamente a parole, ma con tutto il suo comportamento, la vicinanza di Dio, regnava la gioia. una nuova possibilità di vita, determinata dalla libertà e dalla gioia. La gioia che proviamo per noi stessi, senza la prospettiva moralizzante a noi così familiare, è trasmessa nel libro di Qoelet. L'autore di questo libro cerca di unire la filosofia popolare greca con la sapienza ebraica. Pone in questione alcuni dogmi ebraici, come per esempio quello secondo cui "fare del bene porta sempre alla fortuna e a una lunga vita, fare il male alla sfortuna e a una morte prematura". La realtà è un'altra. Qoelet ci invita a rallegrarci della vita e a godere pienamente la gioia. Quando la gioia ci si offre, dobbiamo credere che è Dio ad avercela comunicata.
Dove Gesù operava non vi era un misero senso di penitenza, un'autosvalutazione e un'autoaccusa, ma si avvertiva che veniva offerta "Và, mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto, perchè Dio ha già gradito le tue opere. In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo. Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perchè questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole" (Qo 9,7-9).
Qoelet non è pieno di euforia. Sa che tutto non è altro che un sospiro di vento, che l'essere umano non può trovar pace nè nel successo nè nella proprietà. Sa che oltre alla gioia ci saranno anche i tempi della tristezza: "per ogni cosa c'è il suo momento...cè un tempo per ridere e un tempo per piangere". Ma quando Dio ci dona la gioia, dobbiamo accoglierla riconoscenti e goderne in piena consapevolezza:
"Stà lieto o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù...caccia la malinconia dal tuo cuore, allontana dal tuo corpo il dolore, perchè la giovinezza e i capelli neri sono un soffio...Ricordati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni in cui dovrai dire: "non ci provo alcun gusto" (Qo 11,9; 12,1) 
La gioia per me stesso è nello stesso tempo gioia per me e per la mia unicità. Anche questa gioia la si può imparare. Io mi rendo conto di come sono, di come sono cresciuto. Vedo la storia della mia vita con le sue altezze e le sue profondità. Non chiudo gli occhi di fronte alle esperienze dolorose, ma a posteriori posso essere contento e grato del fatto che io sono riuscito a sopportare tutto questo. La gioia ha un po' a che fare con la decisione. Io mi decido per me stesso. Mi permetto di essere così come sono. Smetto di svalutarmi sempre, di paragonarmi ad altri. Io sono io. Io sono creato da Dio. Io sono un figlio amato da Dio. Tutto questo è ciò di cui ho bisogno.


Lascia che la gioia impregni il tuo cuore! 
La gioia è vera benedizione di Dio!
Sii sempre gioioso, non tenere la gioia per te, falla fluire...trasmetti la tua gioia a tutti quelli che ti stanno intorno, ti renderai conto di quanto sia contagiosa!

Abbraccio i numerosi pellegrini in Cammino e in partenza in questi giorni! Che la gioia vi accompagni!

mercoledì 17 aprile 2013

Per lo stato italiano la Chiesa è un affare. L'impegno sociale della Chiesa.

Pochi mesi fa è uscito un libro, L'impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno. Il suo autore, il giornalista ticinese Giuseppe Rusconi, si chiede se al giorno d'oggi la Chiesa, nel suo accompagnare e affiancare la società riproduca, oppure no, quelle opere di carità che riecheggiano così insistentemente nelle Sacre Scritture. A partire da questa domanda, Rusconi ha compiuto una ricerca accurata, completa di dati e cifre, riguardanti l'impegno sociale della Chiesa nel mondo d'oggi. I risultati sono impressionanti. Vediamo un po'.

Lo sapevate che, ogni anno, le parrocchie italiane aiutano il nostro sistema sociale per almeno 260 milioni di euro, le mense per i poveri distribuiscono sei milioni di pasti, spendendo 27 milioni di euro, il banco alimentare distribuisce viveri e generi di prima necessità per altri 650 milioni, e le iniziative diocesane di microcredito contro le nuove povertà elargiscono circa 50 milioni di fondi annui ogni dodici mesi?

E che le scuole cattoliche paritarie fanno risparmiare allo Stato oltre 4,5 miliardi, la formazione professionale cattolica integra quella statale per circa 370 milioni di euro, mentre la sanità cattolica aiuta quella pubblica per 1,2 miliardi annui? Nella lotta contro la droga, le Comunità ecclesiali sollevano gli enti statali per 800 milioni di euro, mentre sul fronte dell'usura, la Cei eroga oltre 1,2 milioni di euro l'anno alla Consulta anti-usura e alle fondazioni regionali ad essa collegate. Il volontariato cattolico immette nella rete sociale e civile quasi tre miliardi e sono circa due milioni gli euro che ogni anno vanno fino ai migranti. Per salvaguardare i beni culturali ecclesiastici la Chiesa spende circa 130 milioni di euro l'anno, per aiutare i giovani e chi ha perso il lavoro ad avviare nuove iniziative sostiene il «Prestito della speranza» (30 milioni una tantum) e il «Progetto Policoro» (un milione), per la ricostruzione dell'Aquila la Chiesa è intervenuta con 35 milioni in tre anni, mentre in quello dell'Emilia ha già erogato 13 milioni in otto mesi. Molto spesso, annota l'autore, i dati disponibili sono mancanti o lacunosi, per cui è da ritenersi verosimilmente che il risultato finale sia da approssimare per difetto. Lo Stato, invece, è più preciso e sono le sue statistiche a dirci che i contribuenti italiani danno alla Chiesa poco più di un miliardo all'anno. Da questa inchiesta emerge un dato certo: la Chiesa rende alla società civile italiana almeno 11 miliardi di euro l'anno.

Mi è sembrato giusto rendere note queste cifre, che ci danno un'idea abbastanza precisa dell'impegno sociale della Chiesa, e di come essa utilizzi le risorse di cui dispone.

Per approfondire: L'impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno. Giuseppe Rusconi, Rubettino Editore

domenica 7 aprile 2013

L'amore incondizionato di Dio.

Dopo una serie di post (giustamente) dedicati a papa Francesco, riprendiamo e continuiamo le interessanti riflessioni di Anselm Grun. In questo post, vedremo che di fronte a un bisogno incessante di amore, esiste un'unica e definitiva risposta: l'amore incondizionato di Dio. 


Gesù apre il cuore, perchè noi tutti vi possiamo entrare con il nostro desiderio d'amore. Gesù ci apre uno spazio nel quale possiamo vivere; il suo amore è come una casa nella quale possiamo abitare, quando ci comanda: "Rimanete nel mio amore!" (Gv 15,9). L'amore non è solamente un sentimento, che può anche scomparire. E' uno spazio nel quale possiamo rimanere. Del resto, Gesù indica il presupposto per rimanere nell'amore: "chi osserva i miei comandamenti, rimane nel mio amore" (Gv 15,10). L'amore dobbiamo farlo fluire verso gli altri. Altrimenti esso si ferma: ed allora lo spazio dell'amore, nel quale si vive così bene, si dissolve. L'amore di Gesù non prende, come troppo spesso fa il nostro, ma dona.
E' puro dono. Nella profondità del nostro cuore noi desideriamo un simile amore, che lascia liberi e si dona, che muore per noi e per noi scorre infinito. Di fronte al Cristo crocifisso noi sentiamo che siamo incapaci di vero amore. Il nostro amore è spesso misto al desiderio di avere per noi l'altro, di poterlo possedere. Vogliamo trattenerlo, perchè non ci lasci mai più, e non ci accorgiamo che togliamo all'altro l'aria per respirare, gli rubiamo la possibilità di svilupparsi, di diventare pienamente se stesso. Spesso vogliamo imporre all'altro la nostra forma e costringerlo a diventare come vogliamo noi. Così chi ci è accanto non potrà mai diventare indipendente: dovrà rimanere una nostra creatura.
Ogni amore umano è sempre pieno di contraddizioni. Può affascinare, ma anche lacerare il cuore nel dolore. Può incantare, ma anche impadronirsi di noi, anzi renderci quasi posseduti. Ammira ed odia. Guarisce e subito dopo ferisce consapevolmente. Ci sono molti modi infelici di amare. Ci sono alcuni che aspettano un amore che non arriva mai. Ci sono altri che soffrono per l'amarezza di un amore rifiutato. Ci sono amori proibiti, amori impossibili o amori perduti. Vi è anche l'insulsa tristezza di un amore soddisfatto, che però non riempie. Nell'amore di Cristo, invece, possiamo sperimentare l'amore incondizionato nei nostri confronti. Lì siamo accettati in tutto e per tutto. Non vi è niente in noi che non sia toccato da questo amore di Cristo, che riempie il nostro corpo, ci dona vitalità e fecondità. Gesù ci invita: "rimanete nel mio amore". Essere in Cristo significa essere nel suo amore, abitare nella casa del suo amore, essere a casa nel suo amore. Nel suo amore il desiderio del cuore giunge a pienezza, poichè il cuore vi può trovare pace. L'essere umano è davvero libero e sano quando ama, quando lascia entrare nel suo cuore l'amore di Dio, che è in tutto. Teresa d'Avila ci parla del fatto che nella stanza più interna del nostro castello abita Dio come amore, anzi che Dio è pazzo d'amore per noi: "La nostra anima è la stanza sfarzosa della quale solo Dio ha una chiave. Se lui non entra, rimane sempre vuota". Solamente se noi ci volgiamo verso l'interno e nella nostra interiorità scopriamo Dio come amore, diverremo quello che siamo davvero: persone create ad immagine di Dio, che non sono altro che amore.
La sostanza autentica del nostro essere è amore. Solamente se noi apriamo i nostri occhi a questa profondissima realtà, diventiamo veramente persone. Allora non saremo più condizionati dalle nostre ferite e dalle nostre malattie, ma dall'amore che trasforma le nostre ferite in un grido d'amore. Solamente se scopriamo l'amore di Dio nel fondo della nostra anima, smettiamo di cercare affannati e pieni di voracità la soddisfazione dei nostri bisogni fuori, nel mondo. Molti rimangono insoddisfatti nella loro ricerca di un amore che riempia totalmente il cuore: così cercano la loro felicità in realtà veramente ridicole, come il denaro o il piacere. Tuttavia potranno sperimentare la vera pace nei loro cuori, soltanto quando si volgeranno alla propria interiorità, al Grande, Unico Amore, che in loro pulsa e respira: l'Amore incondizionato di Dio.

Per approfondire: Anselm Grun, "Lo spazio interiore", Queriniana, 2008