venerdì 23 novembre 2012

IL MESSAGGIO DI SAN BENEDETTO: 2) Ora et Labora

 Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)

Sempre avvalendomi del prezioso supporto di Anselm Grun, in questo post tenterò di attualizzare la Regola benedettina al riguardo di preghiera e lavoro: due realtà quanto mai conciliabili in armoniosa unità, messaggio prezioso per l'uomo d'oggi.




IL MESSAGGIO DI BENEDETTO
"Ora e Labora": preghiera e lavoro

Tantissime persone oggi si sentono oppresse dal lavoro. Dovunque sentiamo lamenti sullo stress lavorativo. Il lavoro appare tanto alienante da scorticarli vivi. Come antidoto a quest'oppressione, c'è chi vorrebbe liberarsi del lavoro. In cerca di uno stile alternativo di vita, non soltanto vorrebbero vivere in modo più semplice, ma spesso anche lavorare meno, qualche volta così poco da non riuscire neppure a guadagnarsi di che vivere; e sono specialmente coloro che ricercano un approfondimento religioso a pensare, impropriamente, di poterlo fare solamente riducendo il lavoro. Benedetto non vede nessuna opposizione fra lavoro e preghiera. Vuole che i suoi monaci lavorino circa cinque ore al giorno in inverno e otto d'estate, affinchè si guadagnino da sè il sostentamento. E' decisiva l'unità tra preghiera e lavoro: il lavoro deve aiutarci a pregare bene e la preghiera aiutarci ad affrontare il lavoro nella maniera giusta. Ovvero, anche il lavoro deve diventare preghiera. Il lavoro aiuta a pregare. Benedetto scrive: "L'ozio è nemico dell'anima, e perciò i fratelli in determinate ore devono essere occupati in lavori manuali, in altre nella lettura divina" (Regola, XLVIII). Dunque il lavoro salva dall'ozio. Il che potrebbe anche non sembrare un grosso aiuto per la preghiera. Ma la riflessione di Benedetto nasce come sempre dall'esperienza diretta: anche quando vogliano vivere alla presenza di Dio, i monaci non cessano di rifuggirla, per tornare con il pensiero al proprio io. Il lavoro, al contrario, impegna tutta la mia attenzione su quel che faccio, e tenendomi lontano dal mondo immaginario in cui continuamente il mio pensiero vorrebbe rifuggire, mi aiuta a mantenere l'intima unione con Dio. Dunque, il raccoglimento che un lavoro condotto con concentrazione ma senza furia mi impone, rende più intenso anche il mio raccoglimento nella preghiera. Naturalmente il primo posto spetta alla preghiera. E solamente impregnandolo di preghiera posso compiere il mio lavoro in modo che esso abbia un influsso positivo sulla mia vita religiosa. La preghiera rende più lieve il lavoro. Molti divengono schiavi del lavoro in quanto per essi il lavoro è troppo importante. Il loro pensiero non si muove da lì: e continuano a chiedersi se hanno fatto tutto bene, se non hanno trascurato niente, se il loro lavoro sarà ben giudicato, e così via. Questo continuo rimuginare strazia e abbatte. Quando invece preghiamo, ci estraniamo dal lavoro. Una volta che nel lavoro abbiamo cercato di fare del nostro meglio, lasciamo che sia Dio a farne ciò che vuole. La preghiera ci libera dalla troppa ansia per il nostro lavoro. Ci rende liberi di vivere alla presenza di Dio e poi dedicarci interamente al lavoro, ma anche di lasciarlo senza che continui ad assillarci. La preghiera inoltre ci chiarisce le motivazioni del nostro lavoro. Il disgusto del lavoro, il sentimento che sia uno sfruttamento e una costrizione spesso hanno origine in motivazioni non chiarite. Ma se nella preghiera mettiamo a nudo davanti a Dio questi sentimenti, allora scopriremo cos'è che non va in noi, e cosa da noi Dio si aspetta. Inutile dunque passare la vita a confrontarci con gli altri, a sentirci trascurati oppure emarginati; abbandoniamoci invece con fiducia a ciò che Dio ha previsto per noi. Benedetto attribuisce un grande valore al fatto che lavoriamo con motivazioni pure: per lui, la motivazione del lavoro è più importante del successo. Scrive: "Se nel monastero vi sono dei fratelli che conoscono un mestiere, lo esercitino con ogni umiltà. Ma se qualcuno di loro si insuperbisse per la competenza nel suo lavoro o perchè gli sembra di procurare dei vantaggi al monastero, venga allontanato da quella attività e la riprenda solo dopo essersi umiliato e quando ne avrà nuovamente ricevuto il permesso dall'abate" (Regola, LVII). Il mio lavoro è al servizio di Dio solamente se non ne dipendo, se non lo stravolgo a mia vanagloria o per trarne delle lodi. Dunque sul lavoro si deve tenere quel medesimo atteggiamento da adottare quando si prega, cioè quello dell'umiltà, dell'abbandono alla volontà di Dio e di non voler servire se stessi, ma Dio. Il lavoro, come lo intende Benedetto, esige una rinuncia a se stessi. E soltanto in quest'ottica Dio lo glorifica, al pari della preghiera. La preghiera può aiutarci anche ad assumere un atteggiamento positivo verso i colleghi di lavoro. Se preghiamo, se ringraziamo per essi, diffonderemo intorno a noi un clima lavorativo più umano e possiamo andare più d'accordo con i colleghi (che, in fondo, sono persone insieme alle quali trascorriamo un bel pezzo di vita!). La dedizione al lavoro è frutto di obbedienza a Dio, e risposta alla sua presenza. E' la presenza di Dio a impregnare il mio modo di lavorare. Chi fa il lavoro in fretta e furia, chi vuol far tutto in un momento, non lavora alla presenza di Dio. Lavorare alla presenza di Dio, significa lavorare con intima calma e non di furia, straniato dal mio io ma tutto impegnato nel lavoro. La cura e la diligenza di cui oggi molti autori spirituali parlano, per Benedetto è il comportamento di fondo di qualsiasi attività. L'unità di preghiera e lavoro, come la concepisce Benedetto, riveste un significato decisivo per l'uomo di oggi. Noi non possiamo sottrarci al sistema lavorativo; nè il lavoro è una necessaria sciagura senza la quale non potremmo guadagnarci di che vivere. Ma se teniamo uniti preghiera e lavoro, anche il lavoro diventa per noi un luogo di vita spirituale, un luogo dove esercitare il giusto atteggiamento da tenere verso Dio: ubbidienza, indulgenza, padronanza di sè, fiducia, rinuncia a sè, amore. Quando lavoriamo facendo dell'occupazione una preghiera, il lavoro ci stanca, ma non ci spezza. E' una buona stanchezza. Abbiamo il sentimento di aver realizzato qualcosa per Dio e per gli uomini. L'esaurimento, al contrario, suscita vuoto, inimicizia, scompiglio. Nella preghiera ci mettiamo in sintonia con la nostra intima fonte dello Spirito Santo: fonte increata, che sgorga da Dio.

Per approfondire: 

Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina


domenica 18 novembre 2012

IL MESSAGGIO DI SAN BENEDETTO - Vivere alla presenza di Dio

Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)



Il Cammino di San Benedetto si propone di far conoscere, attraverso una mobilità dolce, a piedi e in bicicletta (quindi con la lentezza necessaria per assaporarne la bellezza e coglierne la spiritualità), i luoghi fondamentali dov'è nato e si è sviluppato il movimento benedettino: Norcia, Subiaco e Montecassino. E il monachesimo benedettino, su cosa si fonda? Quale ne è il pilastro? Da millecinquecento anni, il fondamento lo si ha nella Regola. Credo dunque sia di fondamentale utilità, per chiunque si accinga a percorrere il Cammino di San Benedetto, o anche per chi soltanto desideri apprendere i princìpi che stanno alla base del monachesimo benedettino, cominciare a interrogarsi sulla Regola e sforzarsi di comprendere la portata del messaggio di San Benedetto. Soprattutto, la sua attualità ed utilità per l'uomo di oggi.

A partire da questo post, cercherò di dare alcuni spunti sul messaggio di San Benedetto, avvalendomi delle riflessioni molto appropriate di Anselm Grun: ("Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo). Consiglio a chiunque desideri approfondire il tema alla lettura integrale del testo, oltre che della Regola benedettina, consultabile e scaricabile in pdf alla pagina: http://www.camminodibenedetto.it/regola.html

IL MESSAGGIO DI BENEDETTO
Vivere alla presenza di Dio

Nella nostra vita quotidiana non abbiamo più nessuna percezione della presenza di Dio. Si parla di "laicizzazione" del mondo, così che si vengono a creare due percorsi: da un lato il puro e semplice impegno in favore degli uomini, in vista di una maggiore solidarietà umana; dall'altro, un ritorno alla propria intimità, alla meditazione come via per la separazione dalla confusione del mondo. Due percorsi che spesso procedono separati. Al punto che le persone impegnate nel mondo non hanno più tempo per la meditazione, mentre i "mistici" trovano l'impegno nel mondo troppo banale. Eppure, Benedetto potrebbe insegnarci una felice sintesi di azione e contemplazione, poichè egli non vede una separazione tra la nostra intimità e l'impegno esterno, fra la relazione con Dio e lo stare nel mondo. Per Benedetto, tutta quanta la nostra vita si svolge alla presenza di Dio. Dovunque ci troviamo, abbiamo a che fare con Dio, anche nelle faccende quotidiane più banali. Così, è nelle realtà del mondo che si manifesta la presenza di Dio. Cosa significhi esattamente vivere alla presenza di Dio, Benedetto lo dice nel quarto capitolo della Regola: "essere sempre consapevoli che Dio ci vede in ogni luogo". Secondo Benedetto, vivere alla presenza di Dio coinvolge tutti gli ambiti della vita umana: preghiera, lavoro, rapporto con la creazione e relazioni con il prossimo. "Solidarietà", questa grande parola d'ordine del nostro tempo, per Benedetto non è in antitesi a un ardente amore per Dio. La dimensione sociale è già di per sè religiosa. Perchè nei fratelli incontriamo Cristo stesso. La fede dunque si esprime in un rapporto nuovo degli uni con gli altri. Questo, per Benedetto, è il grande principio del vero umanesimo. Benedetto può aiutarci a comportarci con questa fede gli uni verso gli altri, ad affrontare i problemi interpersonali, le tensioni, le antipatie, le aggressività alla luce della reale presenza di Cristo nell'altro. Al di là dei nostri pretesti e barriere insormontabili che noi stessi edifichiamo, Benedetto può aiutarci a prendere la presenza di Cristo nel fratello abbastanza sul serio da far sì che sia essa a guidare il nostro comportamento, i nostri atteggiamenti, le nostre parole e il nostro modo di vedere. Ecco perchè il messaggio di Benedetto è quanto mai attuale.


Per approfondire: 

Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina


domenica 11 novembre 2012

Il pellegrinaggio come ricerca dell'incontro con Dio


Riporto volentieri i punti salienti di un bell'articolo di Giovanni Gazzaneo pubblicato Venerdì su Avvenire. Pellegrinaggio come cammino di ricerca dell'incontro con Dio.

L'anno della fede è anche l'anno del Cammino. Questo è l'invito che Benedetto XVI ha rivolto a tutti i fedeli: Riscoprire il cammino della fede per mettere in luce la gioia e il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo. L'uomo è camminatore, viandante, nomade, viaggiatore, e...pellegrino. Pellegrino è colui che si mette sulle tracce non di uno sconosciuto qualsiasi, ma di Colui che ha fatto il primo passo verso il cuore dell'uomo e poi gli si è affiancato per guidarlo, sostenerlo, incoraggiarlo e nei momenti di fatica sostare con lui. Il mio cuore è inquieto finchè non riposa in Te: questa l'immagine del pellegrino per Sant'Agostino. Il pellegrinaggio è un percorso di ricerca: ancor prima che di luogo, di senso, di verità, di cambiamento. E' occasione per conoscere, incontrare culture diverse, curiosare nelle tradizioni e negli stili di vita, avvicinarsi all'altro anche se diverso, andare verso nuovi orizzonti di vita. Viaggiare è infinito andare verso qualcosa: verso se stesso, verso gli altri, verso la vita. L'essere perennemente alla ricerca di un approdo, di un luogo in cui fare esperienza della bellezza di vivere. E l'incontro con l'altro ci porta a uscire da noi stessi e andare lontano. Ecco il perchè delle domande dell'homo viator del terzo millennio: Chi sono? Dove sto andando? Cosa cerco? Il viaggio, quello interiore, è sempre metafora della vita.


 Leggi l'articolo

martedì 6 novembre 2012

Terra di Sabina...il Cammino sul Messaggero

Grazie alle segnalazioni degli amici reatini, posso pubblicare l'articolo apparso qualche giorno fa sulla prima pagina dell'edizione di Rieti del Messaggero. Al di là di alcune imprecisioni giornalistiche, ciò che più mi fa piacere è l'orgoglio non velato con il quale "si annuncia" alla città questo nuovo Cammino che l'attraversa. Rieti di fatto è città di Cammini: possono essere soddisfatti, a ragione, gli amici reatini! Quasi un terzo del Cammino (98 km. totali!) si sviluppa infatti nella provincia di Rieti, che viene attraversata interamente da nord a sud per 5 tappe intere: da Leonessa a Orvinio. Nell'articolo di Sergio Silva, è ben evidenziato l'aspetto spirituale e la geografia del Cammino. Soltanto, non è certo che Carlo Magno abbia sostato a Orvinio, l'allora Canemorto...ma certo è un'ipotesi suggestiva quella che attribuisce la fondazione dell'abbazia di Santa Maria del Piano all'esercito Carolingio che vi avrebbe riportato una schiacciante vittoria sui Saraceni (I Cani Morti, appunto, da cui deriverebbe il nome). Comunque siano andate le cose, è ottimo che si cominci a conoscere e a valorizzare (anzitutto agli occhi degli stessi reatini) la splendida terra di Sabina. Che invita a tornare, e ritornare...

Leggi l'articolo: http://www.camminodibenedetto.it/Messaggero_Rieti_22ott12.pdf

Santa Maria del Piano - foto Maurizio Forte

Per gli amici emiliani, ricordo le prossime presentazioni del Cammino a Modena e provincia: http://www.camminodibenedetto.it/eventi.html

A presto
Simone