lunedì 24 dicembre 2012

BUON NATALE A TUTTI I PELLEGRINI!!!

Quest'anno il mio Natale sarà ancora più bello, grazie alle tante persone speciali che il Cammino mi ha fatto incontrare! Spero sia lo stesso anche per te, che hai vissuto o presto vivrai l'esperienza del Cammino! Scoprire sé e il prossimo, accorgerci di tutta la Bellezza che ci circonda, trovare che una pace autentica è possibile...non è un piccolo miracolo? Tutto questo, con l'azione apparentemente più insignificante che ci sia: camminare.

Ti lascio un pensiero per augurare, a te e ai tuoi cari:
BUON NATALE!!!


Il blog proseguirà dopo il periodo natalizio
Buone feste, Simone

lunedì 17 dicembre 2012

IL MESSAGGIO DI BENEDETTO 5) La stabilitas: un àncora di salvezza per l'uomo d'oggi

Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)


In questo quinto post analizzeremo cosa Benedetto intenda per stabilitas: un principio di ordine e stabilità al quale noi, persone d'oggi sempre più sradicate e insicure, dovremmo attingere come un bene prezioso!

Gli storici sottolineano che la stabilitas, la continuità, l'appartenenza a una comunità concreta e ordinata che Benedetto esige dal monaco fu un'àncora di salvezza per quella sconvolta epoca di migrazioni di popoli. In anni recenti si è invece tentato di attenuarla: in un'epoca della mobilità, la stabilitas sarebbe un relitto del passato. Oggi però ricomincia a crescere una nuova comprensione del suo valore positivo: nella nostra epoca dei cambiamenti, in cui gli uomini sono obbligati a mutare di continuo residenza e vivere in ambienti nuovi, i punti fissi sono diventati una benedizione. Dalla continuità viene anche una certa imperturbabilità di fronte agli avvenimenti quotidiani. Molti giovani hanno intuito l'importanza di potersi appoggiare a una comunità stabile, sempre uguale a se stessa nella sua quotidianità, negli anni che passano, mentre tutto cambia, fuori e dentro sè. Oggi si avverte un crescente timore del legame. Si ha paura a legarsi in un matrimonio; si esita a decidersi per una professione. Si vorrebbe far prima le prove di tutto, bussare prima a tutte le porte; ma, prima che uno se ne possa rendere conto, sono tutte chiuse. E così si continua a vivere senza decidere e senza legami stabili. Invece della vita intensa e libera che si sperava, si raccoglie sradicamento, insicurezza, angoscia di fronte alla vita. L'incontro con la stabilitas di Benedetto potrebbe davvero essere un efficace antidoto per degli uomini e delle donne che non si sentono più a casa, in quest'epoca di sconvolgimenti. Ma la stabilità benedettina non può diventare una fuga dalle responsabilità sociali. E' piuttosto un contrappeso, che ci richiama a prestare più attenzione alle nostre radici. E potrebbe darci il coraggio di decidere di fermarci, di assumere dei legami. Ma la stabilitas è di più che semplicemente legarsi e restare in un posto. Per gli antichi monaci, la stabilitas è essenzialmente tener duro quando si è squassati da tutti i possibili pensieri e tentazioni. E' il "restare nella propria cella": che non significa affatto fingere di non vedere i propri problemi, ma al contrario affrontarli, senza scappare da sè. La stabilitas, potremmo dire il saper resistere nella propria cella, potrebbe anche oggi essere per molti un metodo salutare per guarire la loro intima irrequietezza. Il grande filosofo Blaise Pascal disse che "tutta l'infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera". Se imparassimo di nuovo a "stare nella nostra stanzetta", a perseverare e resistere alla tentazione di cambiare sempre, allora potremmo vedere quante cose in noi si chiarirebbero, fino a che punto andremmo alle radici dei nostri problemi e da dove la nostra guarigione dovrebbe ripartire. Se è anche vero che la testa vuole novità, il cuore desidera in fondo sempre la stessa cosa.


Per approfondire: 
Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina

domenica 9 dicembre 2012

IL MESSAGGIO DI BENEDETTO 4) La pace benedettina

Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)


In questo post analizzeremo cosa Benedetto intenda per pax benedictina: la pace benedettina, uno dei cardini dell'intero messaggio di Benedetto. Un messaggio importante per ogni tipo di comunità: dal monastero, al luogo di lavoro, alla famiglia.

"Pax benedictina": la pace benedettina.
L'ideale di uomo in san Benedetto non è il grande artefice, il realizzatore di opere importanti, e nemmeno l'uomo con una straordinaria dedizione religiosa o il grande asceta; ma l'uomo saggio, sapiente e maturo che sa mettere gli uomini d'accordo tra loro, che crea intorno a sè un'atmosfera di pace e reciproca comprensione. Naturalmente, non si può cominciare di punto in bianco a essere uomo di pace. Perchè la pace può costruirla solamente chi ha fatto prima pace dentro di sè, si è riconciliato con se stesso, con le proprie debolezze ed errori, con le proprie necessità e desideri, con le proprie divergenti tendenze e aspirazioni. Costruire la pace non è un programma da sbandierare; deve piuttosto nascere dalla pace che uno si porta dentro. E questa pace interiore si raggiunge solamente con un'intensa e durevole battaglia per la propria intima sincerità e con la preghiera, in cui si cerca di capire ciò che Dio si aspetta dalle nostre e altrui debolezze. E' soprattutto dall'abate che Benedetto si aspetta che sia capace di costruire la pace. E la condizione più importante è che sappia guarire. Scrive Benedetto: "L'abate si prenda cura con ogni sollecitudine dei fratelli che hanno mancato, perchè non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati (Mt, 9,12)...L'abate deve prodigarsi con ogni accortezza e cura per non perdere nessuna delle pecore affidategli. Si ricordi di aver assunto la cura di anime inferme, non un potere dispotico su quelle sane...imiti l'esempio del buon Pastore, che, lasciate le novantanove pecore sui monti, andò alla ricerca di quell'una che si era smarrita, ed ebbe tanta compassione della sua debolezza da degnarsi di porsela sulle sue spalle e di riportarla all'ovile" (Regola, XXVII). La normale reazione alle debolezze dei nostri sottoposti è rabbia e collera. Piacerebbe a tutti poter andare orgogliosi della comunità che rappresenta: l'abate del suo monastero, il capo della sua ditta, il padre della sua famiglia. Ma se vi si trovano delle pecore nere, che danneggiano la reputazione della comunità, viene assai facile emarginarle. Su questo, Benedetto ci dice che colui che dirige una comunità deve liberarsi dal proprio orgoglio per farsi attento al singolo, nella sua debolezza, e occuparsene come il buon Pastore. E mentre sta dietro a lui, alla sua debolezza, conoscerà meglio anche la propria e la combatterà. Se si comporta in questo modo, dimostra di essere un vero medico, che vive in se stesso le ferite dell'altro, per sopportarle e portarle con l'amore salvifico di Dio. La pace non si può imporre, nè regolamentare con la disciplina; la pace deve svilupparsi su una base di amore abbastanza potente da farsi carico degli errori dei confratelli e sanarli. Ciò richiede che l'abate, o chiunque sia a capo di una comunità, abbia una capacità straordinaria di amare. La pace che l'abate deve costruire nella sua comunità non è però una pace imbelle, che si potrebbe ottenere cedendo sempre; al contrario, l'abate deve portare i conflitti alla luce. Per questo Benedetto dedica degli specifici capitoli della Regola alle ammonizioni e punizioni dei confratelli che hanno sbagliato. Le misure che propone, oggi potrebbero apparirci piuttosto drastiche. Il fatto è che Benedetto persegue i conflitti, ed è conseguente, ma non è rigido. Il suo principio supremo resta sempre la responsabilità che ha verso il debole, e il suo desiderio di guarirlo. Secondo Benedetto, in una comunità la pace regna quando ognuno ammette i propri desideri ed esigenze e se l'abate, con il dono del discernimento, decide fino a che punto può tenere conto delle necessità dei singoli. "Dice la Scrittura: veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno (At, 4,35). Con ciò non si vuol dire che si facciano preferenze, ma che si deve avere riguardo alle necessità dei più deboli. Chi ha meno bisogno, ringrazi Dio e non si lamenti; chi ha maggiori necessità, sopporti con umiltà il suo stato di bisogno, e non si insuperbisca per quanto gli viene elargito. Così tutte le membra saranno in pace" (Regola, XXXIV, 1-5). Condizione indispensabile per la pace è dunque che ognuno abbia e ottenga una giusta valutazione delle sue necessità. La necessità è l'ammissione di una debolezza. Però la necessità ha anche il suo diritto. E Benedetto ammette che questo diritto va soddisfatto. Oggi i sociologi appurano una crescente inettitudine alla pace. Nella società ha preso il sopravvento l'estremizzazione dei gruppi. I gruppi hanno disimparato a vedere gli altri in modo obiettivo, a capirne le giuste aspettative e prenderle sul serio. E troppo presto si arriva a farsi un'immagine ostile dell'altro, e lo si combatte. Oggi i costruttori di pace sono in cerca di un nuovo modo di vivere, in pace gli uni con gli altri. Ne dipende il futuro del mondo. Proprio da Benedetto potremmo imparare  come si fa a creare pace. Benedetto non compila nessun grandioso programma di pace, ma fa pace intorno a sè. Così dovremmo fare anche noi. Perchè ogni programma comporta una parte di contesa. Oggi se ne compilano tanti, di programmi: anche sotto l'egida di ideali positivi, ma subito rivolti contro qualcosa o qualcuno. Così si finisce a spendere energie enormi in polemica, contro tutti quelli che hanno una concezione diversa dalla nostra! Benedetto si tiene ben lontano da questo genere di lotta. Lui non muove guerra a nessuno. In un mondo in cui gli uomini erano tutti gli uni contro gli altri, egli costruisce la sua comunità, lavora per far spazio in essa alla pace di Cristo. Nè ha la pretesa di darla come modello di pace al mondo. Senza nessuna ambizione di tramandarla, egli realizza intorno a sè una vita cristiana, e giorno dopo giorno lavora alla costruzione di una comunità cristiana dell'amore. Diventare uomini positivi che sanno costruire senza demolire gli altri: proprio questa è una delle più importanti raccomandazioni di Benedetto per noi uomini d'oggi. Con il suo tentativo di creare la pace nella sua comunità, Benedetto diffuse delle esperienze che agirono nei secoli, e contribuirono in modo determinante alla pace nell'Occidente del Medioevo.


Per approfondire: 
Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina

sabato 1 dicembre 2012

IL MESSAGGIO DI SAN BENEDETTO 3) La Discretio: Il dono del discernimento

Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)

In questo post analizzeremo la psicologia e la pedagogia sottese alla Regola Benedettina, prendendo in analisi la discretio: il principio del discernimento e della giusta misura. Requisito fondamentale non solo per il monaco, ma per qualsiasi persona che viva in una società di uomini.

PSICOLOGIA e PEDAGOGIA IN BENEDETTO
"La Discretio": il dono del discernimento

Benedetto nutre grande stima per la discretio, intesa come giusta misura e dono del discernimento degli spiriti. Dal punto di vista della vita religiosa, Benedetto rinuncia agli ideali troppo alti di ascesi, per calarsi invece sull'uomo con giusta e sapiente misura. La proposta di un ideale troppo alto di vita religiosa corre infatti il rischio di diventare per gli uomini una proposta di identificarsi con esso, e per ciò stesso anche un pretesto di fuga da se stessi. A Benedetto non serve reclutare membri alla sua comunità con test psicologici. Benedetto intende "istituire una scuola al servizio del Signore". E ci dice come intende portare a compimento la sua opera: "Speriamo di non stabilire nulla di troppo austero o gravoso. Ma se per un principio di equità, per correggersi dai difetti e conservare la carità sarà introdotto qualcosa di un po' più rigoroso, non lasciarti prendere subito dal timore e non allontanarti dalla via della salvezza, via che all'inizio non può che essere stretta" (Regola, Prologo, 45-48). Non è quindi a un grande ideale, né a una qualche grande opera che si deve aspirare; le esortazioni di Benedetto sono piuttosto al servizio dell'uomo e della sua salvezza. Per Benedetto al centro c'è l'uomo: un uomo da salvare, che deve trovare la via verso la vita. Benedetto prende gli uomini come sono, e perciò anche i deboli. Non proclama nessuna religione dei forti; si tiene altresì lontano da quell'entusiasmo che avrebbe potuto suscitare rincarando le esortazioni. Tenuto conto della debolezza degli uomini, vuol fare vivere anche i deboli. E ciò richiede un cammino della giusta misura, non calcolato su un ideale astratto, ma sull'uomo concreto. E' per questo che la proposta di Benedetto diventa una proposta di vita per molti. Benedetto non spaventa, ma incoraggia, rimette in piedi. Nonostante il suo realismo, di chi conosce le debolezze degli uomini avendone fatto esperienza diretta, Benedetto resta un ottimista, uno che anche ai deboli, ai tipacci, ai mediocri e a coloro che si angustiano per banali conflitti fa intravedere il cammino verso la vita. La discretio non è affatto una concessione allo stile di vita dominante. Intendere la discretio in questo modo sarebbe prendere un fatale abbaglio sul pensiero benedettino. Un monachesimo di stampo borghese non potrebbe mai rifarsi a Benedetto. Lui intende la discretio piuttosto come quella virtù che tutto mantiene in bell'ordine, "in modo che i forti abbiano ciò che desiderano e i deboli non siano costretti a cedere" (Regola, LXIV, 19). I forti devono sostenere e accompagnare i deboli. Per i monaci, ciò è segno di vera forza. Al giorno d'oggi, ce lo dice anche la psicologia, solamente chi è abbastanza forte da accettare le proprie debolezze può sollevare e accompagnare i deboli. E quando ci irritiamo con i deboli, spesso è perché ci fanno ripensare alle nostre debolezze, quelle che abbiamo tanto faticato a vincere e con le quali non vorremmo avere più niente a che fare. Dunque, dai forti della sua comunità Benedetto vuole che accompagnino i deboli, senza innalzarsi sopra essi, ben conoscendo le proprie debolezze e ringraziando per l'aiuto Dio, quell'aiuto che uno riceverlo per spartirlo con gli altri. Ciò finisce per incoraggiare deboli e forti, unendo tutti in quella grazia di dio da cui tutti sanno di essere sostenuti. La discretio come dono del discernimento è una virtù soprattutto dell'abate, virtù di chi si trova a condurre gli altri, educarli e forgiarli. Nel fare ciò, l'abate non deve giudicare con il criterio del suo io, dei suoi desideri e necessità; deve cioè essere libero da quella che oggi la psicologia chiama proiezione: libero dai propri problemi irrisolti, emozioni e impulsi che, non ancora chiariti, avesse proiettato sul mondo esterno. Bisogna che l'abate "detesti i vizi, ma ami i fratelli". Nel correggere agisca con prudenza e senza eccessi, perchè, volendo raschiare troppo la ruggine, non gli capiti di rompere il vaso; abbia sempre presente la sua fragilità, e ricordi che "non si deve spezzare la canna incrinata". Questo non significa certo che debba permettere che si alimentino i vizi; ma che li deve recidere con prudenza e carità, nel modo che gli sembrerà di maggiore utilità per ciascuno, cercando di "essere amato, più che temuto". "L'abate si ricordi sempre di quello che è e di come viene chiamatro, e sappia che a chi fu dato molto, molto sarà richiesto. Sia inoltre consapevole della difficoltà e delicatezza del compito che si è assunto di governare le anime, adattandosi ai diversi temperamenti che richiedono alcuni la dolcezza, altri il rimprovero, altri ancora la persuasione; sappia adattarsi e conformarsi a tutti, secondo l'indole e l'intelligenza di ciascuno, così da non subire perdite nel gregge affidatogli, rallegrandosi invece per il suo incremento" (Rgola, II, 30-32). Da ciò risulta evidente che Benedetto non si fa condizionare da ideali astratti o rigidi principi. Ha a che fare con uomini; l'abate deve adeguarsi a ognuno. Deve prendere ognuno com'è e interrogarsi continuamente sulla concreta volontà di Dio per ogni situazione. La discretio di Benedetto non ha niente a che fare con un rigido principio. Benedetto si fa incontro a ognuno, si adatta alla singolarità di ognuno. Tutto egli subordina all'intelligente capacità di giudizio dell'abate e non a una qualche regola fissata una volta per tutte. E' evidente la grande fiducia che Benedetto ha nella capacità di giudizio dell'uomo: una capacità di giudizio che in forza dell'ascolto dello Spirito di Dio, rende possibile vederci chiaro e decidere. La Regola di Benedetto non sarebbe altrimenti diventata nei secoli un manuale pedagogico. Ancor oggi la discretio si potrebbe adottare come un principio basilare per l'educazione dei giovani con migliore ragione di tante teorie pedagogiche basate su ideali astratti e non aderenti all'uomo concreto. A volte sembra che si vogliano piegare gli scolari ai concetti pedagogici, anzichè mettersi ad ascoltarne le vere necessità. Inoltre, la discretio benedettina può aiutarci ad avere gli uni con gli altri dei rapporti umani. Perchè oggi rischiamo di giudicare gli altri in base a criteri psicologici e di volerli cambiare, quando non li troviamo in linea con quei criteri. Senza nemmeno più accorgerci fino a che punto crediamo di sapere davvero cos'è buono per gli altri. Da Benedetto possiamo imparare a liberarci da tutte le nostre teorie psicologiche che spesso ci danno un'immagine falsata degli uomini concreti, per farci invece incontro al singolo senza pregiudizi , aprendoci benevolmente alla sua unicità.


Per approfondire: 
Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina



venerdì 23 novembre 2012

IL MESSAGGIO DI SAN BENEDETTO: 2) Ora et Labora

 Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)

Sempre avvalendomi del prezioso supporto di Anselm Grun, in questo post tenterò di attualizzare la Regola benedettina al riguardo di preghiera e lavoro: due realtà quanto mai conciliabili in armoniosa unità, messaggio prezioso per l'uomo d'oggi.




IL MESSAGGIO DI BENEDETTO
"Ora e Labora": preghiera e lavoro

Tantissime persone oggi si sentono oppresse dal lavoro. Dovunque sentiamo lamenti sullo stress lavorativo. Il lavoro appare tanto alienante da scorticarli vivi. Come antidoto a quest'oppressione, c'è chi vorrebbe liberarsi del lavoro. In cerca di uno stile alternativo di vita, non soltanto vorrebbero vivere in modo più semplice, ma spesso anche lavorare meno, qualche volta così poco da non riuscire neppure a guadagnarsi di che vivere; e sono specialmente coloro che ricercano un approfondimento religioso a pensare, impropriamente, di poterlo fare solamente riducendo il lavoro. Benedetto non vede nessuna opposizione fra lavoro e preghiera. Vuole che i suoi monaci lavorino circa cinque ore al giorno in inverno e otto d'estate, affinchè si guadagnino da sè il sostentamento. E' decisiva l'unità tra preghiera e lavoro: il lavoro deve aiutarci a pregare bene e la preghiera aiutarci ad affrontare il lavoro nella maniera giusta. Ovvero, anche il lavoro deve diventare preghiera. Il lavoro aiuta a pregare. Benedetto scrive: "L'ozio è nemico dell'anima, e perciò i fratelli in determinate ore devono essere occupati in lavori manuali, in altre nella lettura divina" (Regola, XLVIII). Dunque il lavoro salva dall'ozio. Il che potrebbe anche non sembrare un grosso aiuto per la preghiera. Ma la riflessione di Benedetto nasce come sempre dall'esperienza diretta: anche quando vogliano vivere alla presenza di Dio, i monaci non cessano di rifuggirla, per tornare con il pensiero al proprio io. Il lavoro, al contrario, impegna tutta la mia attenzione su quel che faccio, e tenendomi lontano dal mondo immaginario in cui continuamente il mio pensiero vorrebbe rifuggire, mi aiuta a mantenere l'intima unione con Dio. Dunque, il raccoglimento che un lavoro condotto con concentrazione ma senza furia mi impone, rende più intenso anche il mio raccoglimento nella preghiera. Naturalmente il primo posto spetta alla preghiera. E solamente impregnandolo di preghiera posso compiere il mio lavoro in modo che esso abbia un influsso positivo sulla mia vita religiosa. La preghiera rende più lieve il lavoro. Molti divengono schiavi del lavoro in quanto per essi il lavoro è troppo importante. Il loro pensiero non si muove da lì: e continuano a chiedersi se hanno fatto tutto bene, se non hanno trascurato niente, se il loro lavoro sarà ben giudicato, e così via. Questo continuo rimuginare strazia e abbatte. Quando invece preghiamo, ci estraniamo dal lavoro. Una volta che nel lavoro abbiamo cercato di fare del nostro meglio, lasciamo che sia Dio a farne ciò che vuole. La preghiera ci libera dalla troppa ansia per il nostro lavoro. Ci rende liberi di vivere alla presenza di Dio e poi dedicarci interamente al lavoro, ma anche di lasciarlo senza che continui ad assillarci. La preghiera inoltre ci chiarisce le motivazioni del nostro lavoro. Il disgusto del lavoro, il sentimento che sia uno sfruttamento e una costrizione spesso hanno origine in motivazioni non chiarite. Ma se nella preghiera mettiamo a nudo davanti a Dio questi sentimenti, allora scopriremo cos'è che non va in noi, e cosa da noi Dio si aspetta. Inutile dunque passare la vita a confrontarci con gli altri, a sentirci trascurati oppure emarginati; abbandoniamoci invece con fiducia a ciò che Dio ha previsto per noi. Benedetto attribuisce un grande valore al fatto che lavoriamo con motivazioni pure: per lui, la motivazione del lavoro è più importante del successo. Scrive: "Se nel monastero vi sono dei fratelli che conoscono un mestiere, lo esercitino con ogni umiltà. Ma se qualcuno di loro si insuperbisse per la competenza nel suo lavoro o perchè gli sembra di procurare dei vantaggi al monastero, venga allontanato da quella attività e la riprenda solo dopo essersi umiliato e quando ne avrà nuovamente ricevuto il permesso dall'abate" (Regola, LVII). Il mio lavoro è al servizio di Dio solamente se non ne dipendo, se non lo stravolgo a mia vanagloria o per trarne delle lodi. Dunque sul lavoro si deve tenere quel medesimo atteggiamento da adottare quando si prega, cioè quello dell'umiltà, dell'abbandono alla volontà di Dio e di non voler servire se stessi, ma Dio. Il lavoro, come lo intende Benedetto, esige una rinuncia a se stessi. E soltanto in quest'ottica Dio lo glorifica, al pari della preghiera. La preghiera può aiutarci anche ad assumere un atteggiamento positivo verso i colleghi di lavoro. Se preghiamo, se ringraziamo per essi, diffonderemo intorno a noi un clima lavorativo più umano e possiamo andare più d'accordo con i colleghi (che, in fondo, sono persone insieme alle quali trascorriamo un bel pezzo di vita!). La dedizione al lavoro è frutto di obbedienza a Dio, e risposta alla sua presenza. E' la presenza di Dio a impregnare il mio modo di lavorare. Chi fa il lavoro in fretta e furia, chi vuol far tutto in un momento, non lavora alla presenza di Dio. Lavorare alla presenza di Dio, significa lavorare con intima calma e non di furia, straniato dal mio io ma tutto impegnato nel lavoro. La cura e la diligenza di cui oggi molti autori spirituali parlano, per Benedetto è il comportamento di fondo di qualsiasi attività. L'unità di preghiera e lavoro, come la concepisce Benedetto, riveste un significato decisivo per l'uomo di oggi. Noi non possiamo sottrarci al sistema lavorativo; nè il lavoro è una necessaria sciagura senza la quale non potremmo guadagnarci di che vivere. Ma se teniamo uniti preghiera e lavoro, anche il lavoro diventa per noi un luogo di vita spirituale, un luogo dove esercitare il giusto atteggiamento da tenere verso Dio: ubbidienza, indulgenza, padronanza di sè, fiducia, rinuncia a sè, amore. Quando lavoriamo facendo dell'occupazione una preghiera, il lavoro ci stanca, ma non ci spezza. E' una buona stanchezza. Abbiamo il sentimento di aver realizzato qualcosa per Dio e per gli uomini. L'esaurimento, al contrario, suscita vuoto, inimicizia, scompiglio. Nella preghiera ci mettiamo in sintonia con la nostra intima fonte dello Spirito Santo: fonte increata, che sgorga da Dio.

Per approfondire: 

Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina


domenica 18 novembre 2012

IL MESSAGGIO DI SAN BENEDETTO - Vivere alla presenza di Dio

Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)



Il Cammino di San Benedetto si propone di far conoscere, attraverso una mobilità dolce, a piedi e in bicicletta (quindi con la lentezza necessaria per assaporarne la bellezza e coglierne la spiritualità), i luoghi fondamentali dov'è nato e si è sviluppato il movimento benedettino: Norcia, Subiaco e Montecassino. E il monachesimo benedettino, su cosa si fonda? Quale ne è il pilastro? Da millecinquecento anni, il fondamento lo si ha nella Regola. Credo dunque sia di fondamentale utilità, per chiunque si accinga a percorrere il Cammino di San Benedetto, o anche per chi soltanto desideri apprendere i princìpi che stanno alla base del monachesimo benedettino, cominciare a interrogarsi sulla Regola e sforzarsi di comprendere la portata del messaggio di San Benedetto. Soprattutto, la sua attualità ed utilità per l'uomo di oggi.

A partire da questo post, cercherò di dare alcuni spunti sul messaggio di San Benedetto, avvalendomi delle riflessioni molto appropriate di Anselm Grun: ("Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo). Consiglio a chiunque desideri approfondire il tema alla lettura integrale del testo, oltre che della Regola benedettina, consultabile e scaricabile in pdf alla pagina: http://www.camminodibenedetto.it/regola.html

IL MESSAGGIO DI BENEDETTO
Vivere alla presenza di Dio

Nella nostra vita quotidiana non abbiamo più nessuna percezione della presenza di Dio. Si parla di "laicizzazione" del mondo, così che si vengono a creare due percorsi: da un lato il puro e semplice impegno in favore degli uomini, in vista di una maggiore solidarietà umana; dall'altro, un ritorno alla propria intimità, alla meditazione come via per la separazione dalla confusione del mondo. Due percorsi che spesso procedono separati. Al punto che le persone impegnate nel mondo non hanno più tempo per la meditazione, mentre i "mistici" trovano l'impegno nel mondo troppo banale. Eppure, Benedetto potrebbe insegnarci una felice sintesi di azione e contemplazione, poichè egli non vede una separazione tra la nostra intimità e l'impegno esterno, fra la relazione con Dio e lo stare nel mondo. Per Benedetto, tutta quanta la nostra vita si svolge alla presenza di Dio. Dovunque ci troviamo, abbiamo a che fare con Dio, anche nelle faccende quotidiane più banali. Così, è nelle realtà del mondo che si manifesta la presenza di Dio. Cosa significhi esattamente vivere alla presenza di Dio, Benedetto lo dice nel quarto capitolo della Regola: "essere sempre consapevoli che Dio ci vede in ogni luogo". Secondo Benedetto, vivere alla presenza di Dio coinvolge tutti gli ambiti della vita umana: preghiera, lavoro, rapporto con la creazione e relazioni con il prossimo. "Solidarietà", questa grande parola d'ordine del nostro tempo, per Benedetto non è in antitesi a un ardente amore per Dio. La dimensione sociale è già di per sè religiosa. Perchè nei fratelli incontriamo Cristo stesso. La fede dunque si esprime in un rapporto nuovo degli uni con gli altri. Questo, per Benedetto, è il grande principio del vero umanesimo. Benedetto può aiutarci a comportarci con questa fede gli uni verso gli altri, ad affrontare i problemi interpersonali, le tensioni, le antipatie, le aggressività alla luce della reale presenza di Cristo nell'altro. Al di là dei nostri pretesti e barriere insormontabili che noi stessi edifichiamo, Benedetto può aiutarci a prendere la presenza di Cristo nel fratello abbastanza sul serio da far sì che sia essa a guidare il nostro comportamento, i nostri atteggiamenti, le nostre parole e il nostro modo di vedere. Ecco perchè il messaggio di Benedetto è quanto mai attuale.


Per approfondire: 

Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina


domenica 11 novembre 2012

Il pellegrinaggio come ricerca dell'incontro con Dio


Riporto volentieri i punti salienti di un bell'articolo di Giovanni Gazzaneo pubblicato Venerdì su Avvenire. Pellegrinaggio come cammino di ricerca dell'incontro con Dio.

L'anno della fede è anche l'anno del Cammino. Questo è l'invito che Benedetto XVI ha rivolto a tutti i fedeli: Riscoprire il cammino della fede per mettere in luce la gioia e il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo. L'uomo è camminatore, viandante, nomade, viaggiatore, e...pellegrino. Pellegrino è colui che si mette sulle tracce non di uno sconosciuto qualsiasi, ma di Colui che ha fatto il primo passo verso il cuore dell'uomo e poi gli si è affiancato per guidarlo, sostenerlo, incoraggiarlo e nei momenti di fatica sostare con lui. Il mio cuore è inquieto finchè non riposa in Te: questa l'immagine del pellegrino per Sant'Agostino. Il pellegrinaggio è un percorso di ricerca: ancor prima che di luogo, di senso, di verità, di cambiamento. E' occasione per conoscere, incontrare culture diverse, curiosare nelle tradizioni e negli stili di vita, avvicinarsi all'altro anche se diverso, andare verso nuovi orizzonti di vita. Viaggiare è infinito andare verso qualcosa: verso se stesso, verso gli altri, verso la vita. L'essere perennemente alla ricerca di un approdo, di un luogo in cui fare esperienza della bellezza di vivere. E l'incontro con l'altro ci porta a uscire da noi stessi e andare lontano. Ecco il perchè delle domande dell'homo viator del terzo millennio: Chi sono? Dove sto andando? Cosa cerco? Il viaggio, quello interiore, è sempre metafora della vita.


 Leggi l'articolo

martedì 6 novembre 2012

Terra di Sabina...il Cammino sul Messaggero

Grazie alle segnalazioni degli amici reatini, posso pubblicare l'articolo apparso qualche giorno fa sulla prima pagina dell'edizione di Rieti del Messaggero. Al di là di alcune imprecisioni giornalistiche, ciò che più mi fa piacere è l'orgoglio non velato con il quale "si annuncia" alla città questo nuovo Cammino che l'attraversa. Rieti di fatto è città di Cammini: possono essere soddisfatti, a ragione, gli amici reatini! Quasi un terzo del Cammino (98 km. totali!) si sviluppa infatti nella provincia di Rieti, che viene attraversata interamente da nord a sud per 5 tappe intere: da Leonessa a Orvinio. Nell'articolo di Sergio Silva, è ben evidenziato l'aspetto spirituale e la geografia del Cammino. Soltanto, non è certo che Carlo Magno abbia sostato a Orvinio, l'allora Canemorto...ma certo è un'ipotesi suggestiva quella che attribuisce la fondazione dell'abbazia di Santa Maria del Piano all'esercito Carolingio che vi avrebbe riportato una schiacciante vittoria sui Saraceni (I Cani Morti, appunto, da cui deriverebbe il nome). Comunque siano andate le cose, è ottimo che si cominci a conoscere e a valorizzare (anzitutto agli occhi degli stessi reatini) la splendida terra di Sabina. Che invita a tornare, e ritornare...

Leggi l'articolo: http://www.camminodibenedetto.it/Messaggero_Rieti_22ott12.pdf

Santa Maria del Piano - foto Maurizio Forte

Per gli amici emiliani, ricordo le prossime presentazioni del Cammino a Modena e provincia: http://www.camminodibenedetto.it/eventi.html

A presto
Simone

mercoledì 31 ottobre 2012

4°INCONTRO NAZIONALE RETE DEI CAMMINI A S.GIOVANNI ROTONDO - Video del Cammino di Massimo e Flavio

AL VIA IL 4° INCONTRO NAZIONALE DELLA RETE DEI CAMMINI
A SAN GIOVANNI ROTONDO C'E' BI-SOGNO DI CAMMINI!
Ormai tutto è pronto, per l'Incontro Nazionale nel Gargano.

UN INCONTRO-Workshop incentrato su un BI-SOGNO, un sogno doppio: quello di dare voce a chi realmente "vive" i cammini, studiandoli, percorrendoli, facendoli amare, e quello di trovare nella qualità, oltre che nella passione, lo slancio vitale e il respiro europeo delle vie storiche italiane. Due importanti novità: al mattino ci sarà come conduttore Fabrizio Ardito, giornalista da anni appassionato viandante della storia. Nel pomeriggio la guida del dibattito passerà a Franco Saba, rappresentante di Legambiente Sardegna e dell'Associazione Pozzo Sella Onlus in lotta per il Parco Geominerario del Sulcis Iglesiente. Toccherà a lui pilotare il workshop verso il documento conclusivo, che darà linee guida al grande BI-SOGNO DI CAMMINI.
PROGRAMMA COMPLETO DELL'INCONTRO: http://www.camminodibenedetto.it/PROGRAMMA_RETE.PDF

Colgo l'occasione per pubblicare un bell'audiovisivo del Cammino di Massimo e Flavio (li ricordate? quelli che con eccesso di modestia si autodefinivano "pellegrini anacronistici")...sono bravissimi pellegrini!!! Vedere per credere!!!


A presto!
Simone



martedì 23 ottobre 2012

Memorie del Cammino di due "irriducibili" pellegrini.


Pubblico con estremo piacere le riflessioni di viaggio di due bravi, simpatici ed "irriducibili" pellegrini milanesi: Anna e Vittorio, di cui ho apprezzato la tenacia nel percorrere tutto il Cammino malgrado il caldo torrido; l'entusiasmo che li ha guidati ad affrontare con gioia ogni tappa; la carica umana che portano con sè. 

ANNA E VITTORIO, PELLEGRINI IRRIDUCIBILI

Ha colto nel segno Simone quando ci ha definiti pellegrini "irriducibili"......
Siamo partiti da Milano con la speranza di riuscire a percorrere tutte le 16 tappe, ma non con la certezza di farcela. Nessuno di noi due aveva mai sperimentato un cammino e non sapevamo come il fisico avrebbe reagito. Invece, eccoci qui a raccontare i nostri 350 km che abbiamo percorso, tappa dopo tappa, tutti rigorosamente a piedi. La scelta di percorrerlo seguendo meticolosamente la guida, l’abbiamo considerata come una specie di "rispetto" nei confronti di Simone e del lavoro che ha compiuto: abbiamo sempre pensato che un cammino va preso per quello che è, senza cercare di "filtrare" solamente le parti "migliori", solo in questo modo crediamo si possa recepire la vera spiritualità che un cammino può trasmettere. 19 giorni sono passati veloci, più di quanto pensassimo, lasciandoci una grande soddisfazione e la ricchezza di tanti incontri.

A Calolziocorte abbiamo finalmente conosciuto Simone di persona, ma era quasi come se ci conoscessimo già, visto che ci eravamo sentiti tante volte, prima per chiedere informazioni e poi per raccontare durante il cammino, giorno dopo giorno, quello che facevamo.
L'incontro con Simone e con alcuni compagni di avventura ci ha dato l'occasione per ripercorrere nella memoria il nostro cammino.

Treno e pullman, poi a Norcia l'inizio vero e proprio è segnato dall'incontro con un frate nientemeno che dell'Arizona, che ci fa timbrare la credenziale, ci dà una benedizione ad personam e ci regala due piccoli crocifissi di San Benedetto che ci proteggeranno per tutto il cammino. Il timore e l'incertezza per quello che ci attende si leggono nei nostri volti la mattina della partenza per la prima tappa. Ma subito timore e incertezza scompaiono e subentra l'entusiasmo per quello che stiamo facendo.

 

Ogni mattina si parte alla scoperta di qualcosa di nuovo. Dopo una lauta colazione, compriamo un po' di viveri in qualche negozietto o al mercato, attendendo pazientemente che le massaie del posto facciano con calma la loro spesa tra una chiacchiera e l'altra (per noi milanesi questa è un'esperienza alquanto insolita.....) e poi via. A volte da soli, a volte con Massimo e Flavio, o con Stella e Maria Luce, pellegrini che abbiamo conosciuto a Norcia e ritrovato di tanto in tanto nelle varie tappe, condividendo il cammino oppure la cena.




I paesaggi sono bucolici, greggi di pecore, campi di girasoli, paesini arroccati sui cocuzzoli. Le tappe che a noi piacciono di più sono quelle di montagna, come quella da Leonessa a Poggio Bustone quando si passa vicino al Terminillo, o quella da Castel di Tora a Orvinio. Sono tappe con paesaggi più vari, con il dislivello che movimenta il cammino. A volte, però, ci sono anche delle tappe interamente su asfalto, ci sembrano lunghissime, e lì patiamo un po', anche perché sta arrivando l'ennesima ondata di caldo dell'estate 2012 (ad ogni modo, non ci è mai balenata l’idea di accorciare qualche tappa o, peggio, di saltarla a piè pari). Ogni occasione è buona per rinfrescarsi: un pediluvio nelle fredde acque dell'Aniene o in una fontana alle porte di Subiaco, oppure un bagno nel bellissimo lago del Turano, anche se purtroppo il livello è basso, tanto che i Canadair fanno fatica a prendere l'acqua per i numerosi incendi della zona.


Monteleone di Spoleto, Leonessa, Rocca Sinibalda, Castel di Tora, Orvinio, Collepardo, Arpino..... Sembra incredibile ma ogni paese dove ci fermiamo a dormire è una sorpresa bellissima: uno più pittoresco dell'altro, antichi, intatti, ricchi di storia e di cultura. E di tante persone che ci guardano stupite, vogliono sapere da dove veniamo e dove andiamo, ci raccontano di sé, ci mostrano con orgoglio le bellezze del loro paese, ci vogliono perfino offrire qualcosa da bere, ci chiamano "pellegrini".

Turisti pochissimi, forse di Roma quelli che vengono da più lontano. Nessuno dal Nord, che qui chiamano "Alta Italia". Però incontriamo alcuni emigrati, chi in Inghilterra chi in Canada, che ritornano al paese per le vacanze, o magari per stabilirsi definitivamente.

Sono terre di Santi queste, quasi ogni paese è legato al nome di un Santo, dai più famosi come San Benedetto o Santa Rita ad altri a noi sconosciuti, come San Giuseppe da Leonessa o Sant'Agostina Pietrantoni. Noi non siamo abituati a vedere tanta devozione popolare, siamo colpiti per esempio dal vedere le donne devote a Santa Rita che fanno centinaia e centinaia di gradini a piedi nudi per salire sul Sacro Scoglio a Roccaporena. E poi processioni e feste, sacre e profane, le feste del patrono o le sagre della trota o del vino. Sembra che ad agosto non ci sia giorno che qui non si festeggi qualcosa.


A Leonessa ci danno ospitalità i Frati Cappuccini. Dormiamo in uno stanzone con Massimo e Flavio, e condividiamo con i frati la cena nel refettorio dell'antico convento cinquecentesco. I vespri, la messa, ma anche i racconti della loro vita. E' stata un'esperienza che non dimenticheremo mai. E alla partenza non vogliono accettare assolutamente nulla, l'unico modo che abbiamo per ringraziarli è mettere l'offerta nella cassetta delle candele in chiesa. A Casamari, invece, siamo ospiti dalle Suore Cistercensi, anche con loro abbiamo il piacere di condividere la cena. Ci parlano dei problemi di droga che arrivano anche lì, non solo nelle metropoli, dell'aiuto alle famiglie sempre più colpite dalla crisi. Giorno dopo giorno, la stanchezza non aumenta, ormai siamo "a regime", potremmo quasi continuare a oltranza: ci accorgiamo che poco alla volta anche la fatica viene "accettata" dal nostro fisico, che anzi, si fortifica chilometro dopo chilometro. Lo zaino è diventato parte di noi, non lo sentiamo più. Comunque non è troppo pesante, abbiamo evitato di portare roba superflua. Le tappe passano, i ricordi sembrano accavallarsi, ma non è così, almeno per il momento sono ancora nitidi. Soprattutto gli ultimi giorni, quando ormai la meta comincia a diventare cosa certa, iniziamo a considerarci , non più come dei turisti, ma come dei "pellegrini". 



L'arrivo a Montecassino è una grande soddisfazione, anche se il luogo ci delude un po'. Terminiamo il cammino in un posto un po' "commerciale", dove per entrare noi pellegrini abbiamo dovuto metterci i pantaloni lunghi e lasciare fuori lo zaino. Erano più di due settimane che visitavamo monasteri, eremi, conventi, santuari, posti ricchi di spiritualità, che invitano alla meditazione, alla preghiera, all'introspezione. E in tutti questi posti eravamo sempre stati accolti così come eravamo, pantaloncini corti e zaino.


E' chiara la gioia sui nostri volti alla fine del cammino, ben diversa dall'espressione alla partenza: riusciamo a percepire dentro di noi che il cammino ci ha un po' cambiati.

Un sincero grazie a Simone e un augurio di Buon Cammino a tutti coloro che faranno questa bellissima esperienza

 Anna e Vittorio


Grazie a voi ragazzi!
Al prossimo post,
Simone 










mercoledì 17 ottobre 2012

Sui luoghi del Cammino - LEONESSA IN TV

Caro amico, gentile amica del Cammino,

I pellegrini che hanno già percorso il Cammino, hanno (giustamente) scritto molto della bellezza e della spiritualità dei luoghi, della cordialità delle accoglienze e di tanti altri aspetti positivi dei luoghi attraversati dal Cammino: e tutto ciò non può che fare piacere. Ma un'immagine, si sa, vale mille parole. Quando si realizzano dei documentari di alto livello, e questi trattano di una tappa meravigliosa, allora i pellegrini che hanno già percorso il Cammino rivedranno con estremo piacere i luoghi conosciuti (e, sono certo, ad ognuno di essi è associato un ricordo particolare ed una particolare emozione); e gli aspiranti pellegrini si animeranno a partire al più presto, nel vedere la straordinarietà di quei luoghi. E' quindi con grande gioia che ho accolto la notizia che TV2000, l'ottima emittente che in occasione della presentazione del Cammino a Norcia realizzò il bel documentario sul Cammino di San Benedetto andato in onda il 7 Luglio, ha dedicato la prima puntata di questa stagione televisiva della bella trasmissione "Borghi d'Italia" a Leonessa, tappa 3 del Cammino: una delle sorprese positive per tutti i pellegrini. Leonessa è luogo che incanta, affascina e commuove per essere uno stupendo condensato di natura, spiritualità, storia, accoglienza, simpatia...Potrei davvero dilungarmi a descrivere tutto quello che Leonessa può offrire...ma non aggiungo altro per lasciare spazio alle immagini. Godetevi questo magnifico documentario!


Al prossimo post!
Simone

giovedì 11 ottobre 2012

Tappa 6: da Rieti a Rocca Sinibalda - Una nuova magnifica variante!

Caro amico, gentile amica del Cammino

Panorama da La Foresta, all'alba
La tappa "monotona", si diceva. La 6: da Rieti a Rocca Sinibalda, attraversando la silenziosa e verdissima valle del Turano lungo la Turanense. Quel "proseguiamo, sempre diritto, per 13 km" su strada dal traffico pressochè inesistente, ma comunque su asfalto. E, si sa, l'asfalto è nemico dei pellegrini; in special modo d'estate. Vi assicuro che non è stato facile trovare alternative. Ma dopo uno studio cartografico durato diversi mesi, cui è seguita la necessaria verifica "sul campo", è emersa una variante stre-pi-to-sa, e non vedo l'ora di conoscere il parere dei pellegrini che la percorreranno nei prossimi giorni!
Vediamo cosa cambia. Dal centro di Rieti raggiungiamo Fonte Cottorella attraverso il pittoresco quartiere Borgo, passando sotto il monastero di Sant'Antonio al Monte che, se vorremo, meriterà una visita anche solo per il magnifico panorama su Rieti che da lassù si gode.

Il centro di Rieti visto da Sant'Antonio al Monte
Poi, abbandoniamo subito la strada asfaltata portandoci sulla sponda sinistra del Turano attraversando un bel ponticello ciclo-pedonale che sembra fatto appositamente per il Cammino (in effetti è stato realizzato di recente, per la "Francigena di san Francesco"; a quanto pare a tutt'oggi pressochè inutilizzato...

Ponte ciclo-pedonale sul Turano
Quindi costeggiamo per un tratto la Salaria ma (e questo è il bello!) tutto su sede propria, immersi nell'ombra di tigli secolari. Poi, attraverso magnifici campi di mais e girasole, percorriamo quasi 6 km. di magnifica sterrata tutta in piano, che sarà un'autentica gioia sia per i pellegrini a piedi che per quelli in bicicletta!

Sterrata nella valle del Turano

Sterrata nella valle del Turano
 Riguadagnata la Turanense attraverso un altro ponticello, la percorriamo per un breve tratto, e di nuovo ci buttiamo nelle sterrate, questa volta in mezzo al bosco; finchè dopo un'intensa ma breve salita ci accoglierà Rocca Sinibalda, un paesino delizioso immerso in una natura perfetta che ben ha plasmato il carattere dei suoi ospitali abitanti.
Verso Rocca Sinibalda

Il castello di Rocca Sinibalda

Invito i prossimi pellegrini in cammino a voler percorrere questa bella variante, descritta più dettagliatamente nella pagina degli aggiornamenti alla guida: http://www.camminodibenedetto.it/aggiornamenti.html
Per i pellegrini che hanno già percorso il cammino, un invito a ritornare!!!

Ringrazio di cuore Domenico ed Annamaria del BB Casa Simonetti di Rieti; ed Alessandra della Locanda del Convento di Rocca Sinibalda per il prezioso supporto logistico.
Alla prossima!
Simone


giovedì 4 ottobre 2012

Appunti dal Cammino di un giovane pellegrino settantenne


Pubblico volentieri gli "appunti dal Cammino" di un simpatico e giovanissimo (fisicamente, oltre che di spirito) pellegrino di 71 anni, Sergio di Pistoia. Perchè il Cammino non ha età: grazie Sergio per la tua preziosa testimonianza. 

DA NORCIA A MONTECASSINO SUI PASSI DI SAN BENEDETTO.

Sono tornato il 12 settembre dopo quindici giorni di cammino.
Quello che ancora porto dentro di me sono le visioni delle montagne e le valli coperte di boschi lussureggianti, i paesi arroccati, aggrappati alle pendici dei monti, le abbazie e i luoghi sacri pieni di spiritualità, di storia e di arte. Ma quello che più mi è rimasto è il suono grave e solenne della campana dell’abbazia di Montecassino, che spero rimarrà in me con la pace che mi ha trasmesso.

Ricordo, più specificatamente, le cose che porto con me con maggiore incisività.


A Norcia ho partecipato ad una funzione religiosa nella cripta della Basilica, molto coinvolgente e piena di raccolta spiritualità, con i canti dei monaci.



A Monteleone di Spoleto una straordinaria sensazione mi ha dato la vista della copia della biga ritrovata a Colle del Capitano, luogo di passaggio,  è di una bellezza ineguagliabile!



Il valico fra Leonessa e Poggio Bustone  è “tosto”, ma i boschi di faggi, le radure che si aprono sul crinale, i cippi che si incontrano e che segnavano il confine fra Stato Pontificio e Regno delle due Sicilie, i panorami, sono stupendi e mi hanno emozionato, e non poco.


Come mi hanno emozionato i santuari di San Giacomo a Poggio Bustone  e La Foresta , scendendo a Rieti, con Francesco che ancora vive in quei luoghi.


 Straordinaria è l’ abbazia benedettina di Santa Maria del Piano, fra Pozzaglia e Orvinio, con il suo splendido campanile che si eleva sulla pianura.



 A Subiaco ho avuto la fortuna di visitare il Sacro Speco al mattino, quando ancora non c’era nessuno, sono entrato, come dice il Poeta, nella “Soglia del Paradiso” nel silenzio più assoluto.
E’ stata un’esperienza unica, sono uscito in uno stato che non so definire bene, emozionato? Di più, la mente e il cuore pieni di tante cose. Lo spirito pieno di riconoscenza per il Signore che lì mi ha concesso di arrivare.


Gli occhi pieni degli straordinari, tanti, affreschi che coprono tutte le pareti delle due chiese. L’affresco di Francesco di Assisi, non ancora santo,  me lo ha fatto sentire veramente vicino. La grotta dove per tre anni ha vissuto San Benedetto, e vedendola, mi ha sconvolto l’idea che per tanto tempo questo uomo vi abbia potuto vivere.

La stradina in fondo valle che accompagna il fiume Aniene, così quieto e con le sue acque terse,  inserito in modo armonioso nella natura circostante.


L’incredibile, enorme arco romano che mi sono trovato di fronte, quasi all’improvviso, in mezzo al bosco che sale da Trevi nel Lazio.

La Certosa di Trisulti, immersa nei boschi, imponente e piena di storia, con una antica farmacia che lascia stupefatti per la sua bellezza.

L’Abbazia cistercense di Casamari con la sua splendida chiesa gotica. Qui ho avuto la fortuna di essere ospitato dai monaci e di vivere con loro la sera e il mattino e quindi di partecipare  alle funzioni religiose con canti in gregoriano. Per questo  mi sono seduto, con timore reverenziale,su uno scanno dell’antico e prezioso coro ligneo andando col pensiero a chi e a quanti, prima di me,si sono seduti sullo stesso scanno attraverso i secoli. Inoltre ho avuto il privilegio di cenare con i monaci  nel loro splendido refettorio.

  


L’ acropoli  di Civitavecchia, presso Arpino, le sue mura megalitiche e il loro arco a sesto acuto mi hanno portato nella notte dei tempi. 




Le gole di Melfa, con le loro aspre rupi, affascinano chi le attraversa. 

 Infine Montecassino con tutta la sua dolente storia passata e recente. Tanti pensieri assalgono la mente mentre ci si avvicina all’abbazia  e il cuore si stringe quando si visita il cimitero dei soldati polacchi. Torna a calmarsi un poco, quando, giunti all’ingresso dell’abbazia, la scritta PAX sulla porta ci saluta. Anche qui ho avuto il privilegio dell’esperienza di vita monastica e di accedere allo stupendo refettorio dei monaci.


Questo, a “volo d’uccello”, le cose e le immagini che più mi porto dentro di questo mio ultimo bel  Cammino di cui devo ringraziare Simone autore della guida. Tante sarebbero le cose da aggiungere, dalla bellezza dei borghi attraversati all’ospitalità ricevuta, in particolare di Padre Alberto a Casamari a Padre Francesco a Montecassino.

La solitudine che mi ha fatto compagnia durante tutto il cammino, che mi ha fatto scendere nel profondo del mio essere, che alcune volte mi ha fatto sentire fragile, forse anche per i miei settantuno anni di età, e allora il Signore mi è stato vicino, ha fatto spaziare la mente e l’ha fatta volare con la fantasia. 

Ma quello che in me riaffiora con più forza è lo straordinario suono della grande campana di Montecassino che ho udito alle cinque del mattino per dieci minuti diffondere il suo suono potente, grave e solenne ma pieno di profonda pace, dall’alto del monte  giù nella valle e a tutto il mondo, forse a voler ricordare cosa là è successo e trasmettere, comunque, la speranza di un futuro di pace.

Ultreya!
Sergio ….. pellegrino 

martedì 2 ottobre 2012

L'incontro con gli "irriducibili" pellegrini milanesi a Calolziocorte - CARTOLINE DAL CAMMINO di Marinella e Lutz

Caro amico, gentile amica del Cammino

Il Cammino unisce, non ci sono dubbi: il Cammino fa nascere nuove amicizie, e così è naturale che ci sia una gran voglia di conoscersi. Così è stato per la presentazione del Cammino al festival Immagimondo, a Calolziocorte. E' stato bello vedere una sala gremita di gente attenta, con molti desiderosi di percorrere il Cammino di San Benedetto. Ma ancor più bello è stato incontrare in una volta sola tutti e sei i simpatici pellegrini milanesi che hanno già percorso il Cammino. Roberto, di Trek Italia, che lo ha percorso da Norcia a Mandela e che ne sta studiando la possibilità di proporlo all'associazione; Massimo, che insieme a Flavio quest'estate hanno percorso il Cammino da Norcia fino a Casamari (gli ormai ben noti "pellegrini anacronistici" di un precedente blog); i simpatici ed "irriducibili" Anna e Vittorio, che hanno percorso il Cammino per intero, nessuna tappa esclusa, con una freschezza davvero sorprendente; e gli originali Lutz e Marinella che, una prima assoluta, hanno percorso buona parte del Cammino...al contrario: da Cassino fino a Orvinio (e che per non perdere l'abitudine hanno raggiunto Calolziocorte...a piedi!).
E' stato bellissimo conoscere di persona tutti loro, e confermo l'ottima opinione che mi ero fatto: una grande profondità umana, la stessa che ho riscontrato in tutti i pellegrini conosciuti finora!!!

Spero di potervi tornare ad incontrare tutti al più presto!!!

da sinistra: Roberto, Anna, Vittorio, Massimo, Simone, Marinella, Lutz
Così, colgo l'occasione di pubblicare le belle "cartoline dal Cammino di San Benedetto, il simpatico diario di Marinella e Lutz, primi pellegrini....al contrario!!!

sabato 29 settembre 2012

Il Cammino di San Benedetto sul Venerdì di Repubblica - Questo fine settimana vieni a Immagimondo!

Caro amico, gentile amica del Cammino,

Ecco l'articolo di Giorgio Boatti apparso ieri su Venerdì di Repubblica sui "Costruttori di Sentieri": http://www.camminodibenedetto.it/Venerdi_Repubblica.pdf

Credo sia un'ottima opportunità per fare conoscere il Cammino, e ancor più per percorrerlo! Voglio dedicare quest'articolo a tutti gli amici del Cammino che, ognuno con i propri talenti, in questi tre anni hanno preso parte a questo progetto: è grazie a loro che il Cammino esiste e sta crescendo!

Ricordo la presentazione del Cammino, domani 30 Settembre alle ore 16 nell'ambito del Festival Immagimondo: http://www.immagimondo.it/ a Calolziocorte (Lc), presso il monastero di Santa Maria del Lavello: http://www.monasterodellavello.it/it/HOME.aspx

Vi aspetto numerosi...ma ancor più vi aspetto sul Cammino!!!
Auguro Buon Cammino ai "mitici apripista" di Don Alberto di Cannuzzo (Ra) che, esattamente un anno fa furono il primo gruppo di pellegrini a "testare" il Cammino da Subiaco a Montecassino e che tra poco partiranno per ripercorrere il primo tratto; e a tutti i pellegrini in partenza o sul Cammino.

Ultreya!
Simone


martedì 25 settembre 2012

Diario semiserio di due pellegrini...anacronistici


Un Cammino nel paese delle FATINE 
(diario semiserio di 2 pellegrini anacronistici )


Eccomi qua, alla fine ho voluto scrivere qualcosa su questa bellissima esperienza, il Cammino di san Benedetto …
Ha tutto inizio in un assolato sabato di luglio ,quando in una bottega equo solidale guardando qua e là vengo attirato in particolare da un libricino, IL CAMMINO DI S.BENEDETTO, e come si dice e’ amore a prima vista, subito vengo attratto da questo tipo di vacanza non inusuale per me a dire il vero ma ormai da troppo tempo lasciata da parte. Niente di spirituale intendiamoci, solo una voglia di scoprire e conoscere una parte d’Italia a me sconosciuta in un modo diverso, esplorare e conoscere persone attraverso un Cammino. Inizialmente l’idea e’ quella di farlo in bici, tento di convincere un amico ma niente da fare, se non che proprio in quei giorni mi scrive FLAVIO, un amico conosciuto in una maniera particolare tramite un forum di una radio, ci conosciamo ancora poco, ma da quel poco comunque sembriamo sulla stessa linea d’idee almeno per alcune cose; ecco tornando a noi FLAVIO mi propone di andare a fare il CAMMINO DI SANTIAGO a piedi, dopo un attimo di sorpresa gli rispondo che avevo gia fatto Santiago, ma che se proprio aveva voglia io avevo trovato quest’altro cammino che mi sembrava interessante.


Detto fatto, mi sembra entusiasta pure lui, così parte l’operazione “CAMMINO DI SAN BENEDETTO “, richiediamo quindi tramite il sito la credenziale per fare il Cammino da esibire nei posti di accoglienza pellegrina. E subito veniamo contattati da SIMONE FRIGNANI l’autore del libro e ideatore di tutto il Cammino.
Il Cammino vuole ripercorrere la storia di San Benedetto, dalla sua nascita a NORCIA alla sua morte a MONTECASSINO, attraversando un pezzo di Umbria, ed il Lazio per tutta la sua estensione, passando attraverso le province di Rieti, Roma e Frosinone, fino appunto a MONTECASSINO. 310 km A PIEDI e 340 in bici divisi equamente in 16 tappe, quello che non sapevo era che in realtà il Cammino era appena stato creato, insomma eravamo tra i primi a provarlo…che emozione!


Finalmente ecco il giorno della partenza, non vedevo l’ora, lasciamo la macchina a SPOLETO come consigliato da Simone, così da poterla riprendere facilmente al ritorno, e in pullmann ci portiamo a NORCIA. Subito capiamo di essere entrati in un altro modo di vedere le cose, l’autista ogni tanto si ferma, scende e si mette a chiacchierare con i colleghi che incontra, il tutto senza la benché minima protesta della gente che attende senza fare una piega…benvenuti al centro sud; noi del profondo nord non siamo abituati a simili consuetudini di fare le cose con calma e non di corsa come ormai purtroppo da noi si fa, ma nessun problema, presto ci si abitua e non è poi così male; anzi molto meglio fare le cose senza nessuno che ti corre dietro, un’altra vita...

 

Il benvenuto di inizio avventura ce lo dà Simone, con il quale rimarremo telefonicamente in contatto per tutto il Cammino, per segnalare variazioni o altro e accertarsi da parte sua che vada tutto bene; ci avvisa che oltre a noi ci sono altre 4 persone che in quei giorni iniziano il cammino ANNA E VITTORIO con i quali condivideremo gran parte del cammino e 2 ragazze di Firenze MARIA LUCE e STELLA, che invece vediamo di sfuggita il giorno della partenza, decidono di fermarsi un altro giorno per vedere un’altra cosa consigliata, rimarranno sempre in contatto virtuale con noi, sapremo dei loro spostamenti senza mai più vederle, la leggenda delle sante pellegrine...


Siamo in un bellissimo ostello ricavato in un vecchio convento, a NORCIA tutto ricorda San Benedetto, salami, prosciutti, negozi di norcineria... ma perché bisogna partire da qua...dovrebbe essere l’arrivo trionfale…Ma non ci facciamo influenzare certo da queste piccolezze, infatti la sera ci piazziamo alla famosissima SAGRA DELLA TROTA FARIO mica pizze e fichi!


Beh alla fine e’ arrivato il momento di partire, in fondo siamo venuti per questo, per camminare, ecco i primi segni si si sono loro, che emozione! L’inizio e’ soft ,tranquille stradine in deliziosi paesini alternate a comodi sentieri per arrivare a CASCIA, le uniche difficoltà in questi giorni sono date soprattutto dal caldo, un caldo soffocante a volte ma che lascia spazio a serate fresche e ventilate, il Cammino è iniziato !


A Cascia partecipiamo a una simpatica serata “MANGIA CON GLI ANTICHI ROMANI “in realtà, questa particolare serata e’ organizzata da un professore di archeologia, che per autofinanziare degli scavi in zona (visto che prendeva ben poco dalle istituzioni) si e’ inventato (coinvolgendo tutti i suoi studenti che partecipavano agli scavi) una serata a base di cibi della Roma antica presi proprio da ricette dei tempi, con tutti i ragazzi vestiti da romani che si cimentavano anche in un simpatico spettacolo, unendo cosi l’utile al dilettevole in modo da non fare pesare nulla ai ragazzi. Di questi tempi si sa, ci vuole molta fantasia per sopperire alla mancanza di fondi…decisamente una bella iniziativa, da premiare!

 
  

Nei primi giorni saremo nelle zone di santa Rita, attraverseremo appunto CASCIA, ROCCAPORENA paese natale di santa Rita, dove arrivano pullman di devoti per vedere la casa, il santuario, la grotta e lo scoglio sacro; fino ad arrivare a MONTELEONE DI SPOLETO, cittadina a me sconosciuta ma che si e’ rivelata una piacevole sorpresa, decisamente incantevole. Devo dire, come la gran parte dei paesini che incontreremo sul Cammino, tutti molto carini e accoglienti, prevalentemente di impronta medioevale, in cima un colle con una rocca, dove immancabilmente il nostro posto per dormire si trova sempre in cima, quasi l’ultima casa del paese ahimè, del resto che pellegrinaggio è senza sofferenza? 


A Monteleone invece la nostra collocazione e’ un bellissimo e accogliente agriturismo a 3 km dal paese in uno scenario incomparabilmente bello…L’AGRITURISMO COLLE DEL CAPITANO, dove passeremo una piacevolissima serata insieme a Vittorio, Anna e i gestori dell’agriturismo decisamente simpatici e molto ospitali, riusciamo pure a cimentarci in cucina, dove Flavio prepara per i commensali la BAGNA CAUDA, specialita’ torinese, tra la gioia e le ola dei presenti!


 

Le nostre giornate, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non iniziano di buon mattino, come si consiglierebbe per camminare con il fresco; noi siamo dei pellegrini anacronistici, molto meno che seri: cosi si parte non prima della 9, in compenso si cerca di evitare le ore più calde, facciamo delle soste strategiche dalla 1 alle 3 per mangiare, rilassarci e cercando di sfruttare ogni piccolo angolo d’ombra facendo piccole soste. Poi a differenza di Anna e Vittorio, molto più organizzati, che avevano già prenotato tutti i posti da dormire, noi si chiama di giorno in giorno. E qui nasce la leggenda delle FATINE: tanti b&b e ostelli erano gestiti da donne, quando si prenotava e rispondeva una voce femminile gentile e carina la battezzavamo come FATINA, e puntualmente si rivelavano essere proprio così, delle fatine! Che ci accoglievano sempre molto gentilmente rendendo così un po’ meno faticoso il nostro Cammino. Grazie fatine !

 

Altra tappa tranquilla, quella che ci porta nel Lazio a LEONESSA, solo il solito caldo torrido che si fa sentire sulla bella strada della miniera, 5 km sotto il solleone senza un minimo d’ombra…li mortacci...
Leonessa, quasi inutile dirlo, altro paese splendido che si riversa nella bellissima piazza centrale; altro paese e altra esperienza imperdibile, dormiamo presso i frati cappuccini , sempre con Anna e Vittorio partecipiamo alle loro funzioni e mangiamo con loro, sono in pochi, 6 in tutto, tra cui anche un ragazzo giovane che era in noviziato, abituati a stare in mezzo alla gente, ci danno molto, molto accoglienti e alla mano: è stata decisamente una bella esperienza.

   

Da Leonessa parte la prima tappa un pochino impegnativa, diciamo di mezza montagna, si sale sulla strada del Terminillo e poi si prende un sentiero che sale GRADATAMENTE…

fino a scollinare, è quasi più fastidiosa la discesa che ci porterà A POGGIO BUSTONE su un sentiero sassoso che sembra non finire mai con Poggio Bustone sempre li che spariva e ricompariva come un miraggio. POGGIO BUSTONE paese natale di Lucio Battisti e meta anche del pellegrinaggio di san Francesco, qui decidiamo di fare la prima sosta, vengono a trovarci degli amici da Roma, con loro passeremo il ferragosto e ci porteremo un po’ più avanti saltando una tappa; visto che non abbiamo molti giorni se si vuole arrivare alla fine qualcosa bisogna pur tagliare e la tappa che arrivava a RIETI era una di quelle che si prestava, con finale su strada trafficata e caldo torrido pure in città. 


Cosi salutati Anna e Vittorio che re-incontreremo più avanti passiamo ferragosto tranquilli visitando già CASTEL DI TORA paese sul LAGO DEL TURANO, messo nella lista dei borghi italiani più belli che sarà una meta di tappa più avanti e torniamo quindi alla base di partenza, ROCCASINIBALDA altro fantastico paesino e borgo medioevale, dove ci aspetterà una delle nostre fatine, fatina Alessandra che gestisce l’ostello del paese. 

 

La tappa Roccasinibalda –Castel di Tora non presenta difficoltà particolari, però ci presenta una sorpresa finale, meno male che il paese lo avevamo già visitato, perché l’agriturismo dove si dorme e’ fuori paese, dopo aver sbagliato strada (anche i migliori pellegrini possono sbagliare, figuriamoci noi) lo raggiungiamo, più di un km su una strada che non sale gradatamente ma decisamente MOLTO RAPIDAMENTE, te possino...per scoprire che dobbiamo ridiscendere al paese per mangiare…siamo pellegrini ok, ma farcela penare cosi…

Da queste parti evidentemente non sanno cosa vuol dire salire gradatamente, le salite sono tutte dei muri tipo quelli delle fiandre, il tratto che ci porterà a ORVINIO infatti parte subito in maniera brutale, tappa di montagna è probabilmente la tappa più dura e forse complice anche le salite all’agriturismo pure la più faticosa. Ma bella, si aprono scenari suggestivi sul lago del Turano e anche la parte finale con il piano è MOLTO carino. Siamo decisamente stanchi alla meta, ma fortunatamente arrivano anche buone notizie: si e’ liberato un posto da dormire in paese, altrimenti avremmo dovuto sfacchinare per altri 3 km…EUREKA! Graziosisimmo paesino Orvinio, in piena festa, sembra di essere a Natale dalle luminarie, ad aspettarci manco a dirlo c’è un’altra fatina, fatina Simonetta che gestisce l’accogliente b&b IL SORRISO DEI MONTI. Ormai siamo a metà del Cammino, e alle spalle oltre ai km percorsi ci siamo lasciati pezzi di vita delle persone incontrate sul Cammino ed esperienze indimenticabili che ci rimarranno a lungo, il Cammino non è una vacanza qualsiasi ma una vacanza che arricchisce e lascia ricordi indelebili. 

 
Ripartiamo da Orvinio, altra tappa di montagna, ma molto meno impegnativa della precedente, salita non molto difficile per lo scollinamento e poi tanta discesa, in percorsi con viste magnifiche, zona oltretutto ricca di acqua, fonti con le acque più buone della zona a LICENZA e MANDELA.
MANDELA, altro magnifico paesino dove c’è un simpatico pub attorno al quale girano gran parte dei divertimenti locali, qui incontriamo altri 2 pellegrini che stavano facendo il percorso al contrario, LUTZ e MARINELLA, che sapendo del nostro arrivo ci accolgono all’entrata del paese, passiamo con loro una piacevole serata scambiandoci le impressioni sul Cammino finendo al pub dove tutto il paese si e’ riunito per una serata canterina, decisamente un paese sorprendente…
 

Da Mandela a SUBIACO è la tappa più lunga, 30 km se si dorme alla SANTA SCOLASTICA abbazia benedettina sopra Subiaco dopo 3 km di salita, che dopo tutti quei km non sono proprio il massimo, cosi grazie al consiglio di Lutz riusciamo a trovare un posto da dormire in paese evitando appunto la salita finale, ma visto che i km dovevano essere 30 pensiamo bene di sbagliare strada subito fuori paese allungando la strada così per recuperare i km risparmiati: le cose o si fanno bene o niente…
Dopo una lunga giornata arriviamo a Subiaco ormai alle 7 di sera. Subiaco e’ una delle tappe clou del cammino così ci fermiamo un giorno a prendere un pò fiato e visitare la cittadina, diversa dalle altre viste fino a ora. Un po’ più grandicella e con molto da visitare, qui veramente tutto ricorda san Benedetto: il monastero di SANTA SCOLASTICA il più antico di quelli fondati da san Benedetto e il monastero di san Benedetto (IL SACRO SPECO); per cui giornata diversa dalle solite, passata a visitare la bella Subiaco. 

 La sera ci ritroviamo con Anna e Vittorio che nel frattempo avevano raggiunto anche loro Subiaco, e ceniamo con loro alla Santa Scolastica dove erano alloggiati. Altra cena con sorpresa, conosciamo un’altra persona in cammino, EUGENIO un signore che scopro abitare vicino casa mia e che tramite un cai locale ha avuto l’idea di fare il cammino di san Benedetto da Subiaco a Montecassino, infatti da qui in avanti il percorso diventa decisamente più semplice da decifrare; come ci diceva Eugenio il cai di ALATRI ha provveduto a segnare tutto il percorso come i sentieri di montagna, con frequenti e ben visibili tracce, cosi il nostro libricino da dove prendevamo tutte le informazioni necessarie può riposare un po’, beato lui! Abbiamo ancora pochi giorni per terminare il percorso, io ahimè devo rientrare per il lavoro, cerchiamo di studiare il modo per riuscire ad arrivare a Montecassino, ma i collegamenti con i mezzi non sono proprio il massimo da queste parti cosi decidiamo che i giorni rimanenti li dedicheremo per arrivare fino a CASAMARI, 3 tappe prima, peccato. Sarà l’occasione per tornare in questi meravigliosi posti. Riposati nel fisico e ritemprati ripartiamo per la volta di TREVI NEL LAZIO, percorso tranquillo e carino lungo le sponde dell’ANIENE, l’inizio e’ su una lunga e comoda strada che appunto costeggia le rive dell’Aniene con incredibili scorci e continue possibilità di rigenerarsi con piccoli bagni, ecco sì piccoli perchè l’acqua è decisamente fredda per non dire altro...entriamo nella provincia di Frosinone dove ci sono LE CASCATE DI TREVI, carine e affascinanti, se non fosse che si vede la mano dell’uomo nello sporcare e lordare quanto di bello la natura ci propone sigh. 


Trevi nel Lazio che non riusciremo a visitare, avremo solo l’eco dei festeggiamenti dal nostro alloggio, un po’ fuori dal paese, da sconsigliarci la visita serale, un alloggio grande e accogliente nella pace più assoluta con vista sul paese, così grande da sembrare esagerato come grandezza per la zona in cui ci troviamo, da Trevi il sentiero è una vecchia strada romana che passa per una cappelletta e un clamoroso arco, L’ARCO DI TREVI, fino a salire al passo. 

 

Qua la novità è che si incontrano diversi camminatori, una sorpresa per noi abituati a non incontrare quasi nessuno sui sentieri del Cammino Da qui in avanti fino ad arrivare a COLLEPARDO sarà quasi tutta discesa su una strada di montagna ma quasi senza traffico, passando per GUARCINO dove ci fermiamo a mangiare e salendo un pochino per VICO NEL LAZIO. Un paese che dire particolare e’ poco, sembra perdersi nel tempo con tanti vicoletti che si incrociano con le strade principali quasi come in un labirinto e dove si respira l’aria di tempi passati.
Eccoci a Collepardo, paese in posizione panoramica, paese come gli altri di chiara impronta medioevale, ma dove la natura sicuramente la fa da padrone. Zona di particolari fenomeni carsici con grotte e angoli decisamente caratteristici e dove ci aspetta l’ennesima fatina, fatina Sara che ci accoglie nel bellissimo b&b LA FLORA E IL FAUNO, di nuova apertura, decisamente sorprendente.

IL tempo stringe e ormai siamo all’ultima tappa che ci porterà fino all’ABBAZIA DI CASAMARI, lasciando a malincuore questi meravigliosi posti con l’idea di tornarci per terminare il Cammino. Lungo il tragitto ci sono numerosi posti di interesse da visitare. LA CERTOSA DI TRISULTI, LA MADONNA DELLE CESE, costruita dentro una grotta e altri con piccole deviazioni. La mattina inizia come al solito non proprio a un orario di quelli proibitivi, la solita spesa, la solita calma per servirci e ci incamminiamo per la Certosa, al bivio, sorpresa delle sorprese reincontriamo Eugenio anche lui in direzione Certosa, prendiamo insieme a lui il sentiero che ci porterà lì e visto che non aveva ancora un posto dove dormire a Collepardo gli consigliamo il nostro, e lo facciamo prenotare direttamente da Sara che lavora lì nel ristorante dell’abbazia.


Si e’ fatto tardi e così e’arrivato il momento dei saluti, Eugenio tornerà a Collepardo e Sara è al lavoro, così non ci tocca che la visita della Certosa, imperdibile, l’unica che riusciamo a fare in questa giornata visto che ci attende un bel cammino prima di arrivare alla meta. Stavolta i calcoli sono sbagliati e ci tocca camminare proprio sotto il solleone nel momento più caldo, da queste parti sono mesi che non piove e in alcuni paesi c’è il razionamento d’acqua, la meta comunque rimane un bar a circa 8 km dove poter rilassarsi a mangiare qualcosa, cosi vamos e niente lamentele. Ma quella che sembrava la solita giornata senza nubi dopo la sosta invece si trasforma in un cielo pieno di nuvoloni minacciosi di pioggia...noooo vuoi vedere che dopo 13 giorni senza avere preso una goccia (l’unico temporale lo avevamo trovato quando eravamo fermi a mangiare al riparo) prendiamo l’acqua proprio alla fine? naaaa, la nostra buona stella non ci tradisce cosi tra nuvole e vento, manco una goccia, ha fatto i disastri da un’altra parte non poteva colpire cosi dei poveri pellegrini. Ultimi km di Cammino, l’avventura e’ quasi finita. Giusto il tempo di conoscere MICHELE che incrociandoci in bici si ferma a congratularsi e ci accompagna fino all’abbazia, il bello del Cammino fino alla fine, incontri belli e inaspettati che riempiono il cuore di gioia. Dormiamo e ceniamo all’abbazia, bella esperienza anche questa, cena particolare in un silenzio quasi irreale, non ci si era abituati, bisogna provare un po’ tutto. E’ l’ultima notte del Cammino, sono passati tanti giorni dall’inizio, ma sembrano ancora di più quando le giornate sono così piene di emozioni, di esperienze.

 

E’ il mattino del ritorno e siamo qua come all’andata ad aspettare un pullman, il pullman che ci porterà a Frosinone da dove proseguiremo per Roma e Spoleto dove riprenderemo la macchina; come per l’andata i collegamenti si rivelano un po’ anacronistici, il pullman deve passare alle 8,40, noi mai stati cosi puntuali, passano 1 -2 pullman per Roma ma del nostro manco l’ombra, chiediamo all’edicola, passano sempre dice…mah, all’alba delle 10 senza sapere nè leggere nè scrivere prendiamo il primo che passa, va a Roma direttamente, meglio così, ma acciderbolina...A SPOLETO chiudiamo in bellezza andando a visitare anche questa graziosa cittadina con un bel duomo, e’ proprio l’ora di rientrare, quanti pensieri, quanti ricordi, mi rimarranno sempre dentro. Riguardando le foto e incontrando le persone che hanno diviso con me questa splendida esperienza ricorderò con felicità quei bellissimi momenti, augurandomi di poter rivivere questa bellissima esperienza!

 

Che tu sia un pellegrino o un semplice camminatore il Cammino è un'esperienza unica e indimenticabile...scoprire i luoghi al lento incedere dei nostri passi. Incontrare, conoscere persone, ascoltare i loro racconti, le loro storie, storie di vita che si incrociano sul nostro Cammino arricchisce il nostro spirito e il nostro animo. In un mondo che va di fretta con i suoi mille problemi, perdersi nel tempo e ritrovare la semplicità e la genuinità della vita di una volta ha un valore inestimabile…

BUONA VITA!
MASSIMO